domenica 6 agosto 2017

Perchè mi piace André Kertész

Quando parlo degli autori durante le mie lezioni di solito do pochissime informazioni, non voglio influenzare i miei allievi, anche se ovviamente scelgo nei vari settori della fotografia quelli che mi piacciono, quelli che credo possano stimolarli di più, quelli che conosco, perchè non conosco tutti i fotografi del mondo e quindi in un certo modo contamino la scelta degli autori, ma d'altronde porto me stessa alle lezioni, e credo che se imparassimo il metodo di disintossicarsi dalle opinioni altrui sarebbe bellissimo lasciarsi prima contaminare. E' sempre una questione di consapevolezza.
Credo che il metodo corretto per approcciarsi a un fotografo e capirne davvero la fotografia sia quello di guardar le sue fotografie e poi successivamente conoscerlo sul piano storico e umano.
Chiediamoci sempre: Mi piace davvero? e perchè? Cosa mi succede quando guardo le sue immagini? 
Un esercizio che faccio da sempre, da quando la mia insegnante Maria Rita mi apriva i libri dei fotografi che io non conoscevo assolutamente e mi diceva: guardiamo...
Non mi interessa mai cosa è stato detto, io ascolto le mie reazioni.
Quindi mi piace Kertès?
Una parte del suo lavoro mi entusiasma, un altra parte mi lascia indifferente, alcuni scatti non mi piacciono, comunque lo cerco spesso, riguardo le sue immagini, sul mio piccolo libro, frequentemente, mi leggo cosa si dice di lui, poi cerco di dimenticare. Si bisogna dimenticarsele le cose degli altri appunto per crearne di nostre
Poi però lo riprendo, ho bisogno di allenare i miei occhi proprio come un pianista alena le sue dita, e allora lo riguardo e mi faccio trasportare dentro nel suo sguardo.
Mi piacciono i suoi occhi negli occhi, quando spesso il soggetto lo guarda con imbarazzo o quasi impaurito. Era forse un privilegio essere fotografati negli anni 20, mi trovo a fantasticare su quegli occhi, sulle espressioni delle foto di gruppo: alcuni allegri altri terrorizzati, quell'istante fissato per sempre, così spietato, che ci racconterà per sempre, un sempre così forte nella nostra vita, così relativo nell'eternità.
Le petite chien, Paris, 1928

Chagall et sa famille, Paris, 1953
Mi piace la sua ironia, che leggo nel raccontare alcuni difetti umani, alcuni paradossi, alcune disperazioni, si trovo che sia ironico quando mostra le piccolezze umane, ironico nei titoli che sceglie.
Un Homme du monde, Paris, 1926
Disappearing, New York,1955 

Jour de pluie, Tokyo. 1968

Les curieux, Budapest, 1929

Non mi piacciono certi paesaggi che mi annoiano e che trovo privi di pathos, forse il mio limite è che non amo troppo il paesaggio in generale, ma ne adoro altri soprattutto le inquadrature dall'alto con composizioni superbe che mi hanno influenzato terribilmente, come altri geniali fotografi con un senso della composizione assoluta, mi ha imprintato nel cervello una gabbia di righe e quadretti maledetti, che faccio una fatica boia a dimenticare.
Budafok, Hungary,1919
Coucher de Soleil, Esztergom, Hungary, 1917 

Touraine, 1930

Sieste, Paris, 1927

Jour  de brume, Budapest, 1920
Amo come racconta la società del suo tempo, i suoi dettagli. Istanti selezionati e rubati, altro che certi street photographer dei nostri giorni nelle quali immagini trabocca la noia, avete idea la noia? Quella che vela tante delle fotografie che registriamo?
Amo anche i suoi errori fotografici, si ce ne sono, ce ne sono tantissimi,i mossi e le sfuocature, le sovraesposizioni, i grigi terribilmente impastati, che io non considero assolutamente errori, che per me sono la storia dello scatto, segnalano l'anestesia del cogliere l'attimo, una cosa che invidio, che per la mia lentezza assolutamente non so fare, per cui lo dico solo per punzecchiare i miei amici che vivisezionano le fotografie, quelli che distruggono tutta l'anima del magico istante scatto.
Amoureux, Budapest, 1915

Le Violiniste ambulant, Abony, Hungary, 1917

Mon ami Ernest, Paris, 1931
Charles Maurras a l'Action Francaise, Paris, 1928
E soprattutto amo le sue deformazioni... queste in primis mi hanno attratto verso il suo lavoro, mi hanno spinto a cercare il fotografo André!
Perchè distorgeva? Cosa stava cercando? Cosa voleva raccontare...
Ogni volta che faccio un trittico da Vjset dove le immagini sono aberrate, distorte, penso a lui, alla ricerca di un nuovo lignuaggio, qualcosa che usciva dalla verità, che raccontava qualche altra cosa, un bisogno di confondere il cervello, la percezioni, le nostre sicurezze.
Portrait déformé, Paris, 1927

Distortion 40, Paris, 1933
Trovo in quegli scatti l'intuizione del futuro, la consapevolezza della menzogna della fotografia e di ciò che sarebbe poi accaduto: corpi modificati e idealizzati.

E adesso andate a cercare Andrè nelle librerie, nei blog, nelle recenzioni di testate fotografiche, andate e guardatelo e fatevi la VOSTRA idea.
Senza un vero senso critico non si può imparare a fare fotografia, senza una propria idea di cosa sia la fotografia e di quale sia il nostro gusto, il nostro stile, dipenderemo sempre dal giudizio degli altri e sarà molto difficile tirar fuori la propria
Fotografia.

Una dettaglio biografico del tutto inutile: Andrè compra la sua prima Leica nel 1928 all'età di 34 anni, in quello stesso anno nasceva mia nonna.

Alla prossima


André Kertész (Budapest2 luglio 1894 – New York28 settembre 1985) è stato un fotografoungherese. Ha però svolto la mFoogaggior parte della propria carriera artistica negli Stati Uniti d'America.
Photographers Robert Doisneau (left) and André Kertész in 1975 a.jpg

André Kertész (a destra) con Robert Doisneau ad Arles nel 1975
Tra i maggiori fotografi del XX secolo, per il suo lavoro ricevette notevoli riconoscimenti e fu di ispirazione per importanti artisti e fotografi suoi contemporanei. Dimostrò come qualsiasi aspetto del mondo, dal più banale al più importante, meriti di essere fotografato. Di carattere introverso, guidato principalmente dall'intuito, la sua opera è difficilmente classificabile. Nonostante la strada sia stata il soggetto principale e più stimolante delle sue fotografie, non era interessato alla cronaca o agli importanti eventi mondani, quanto alla possibilità di mostrare attraverso i grafismi delle moderne metropoli la felicità silenziosa di un istante.
« Tutto quello che abbiamo fatto, Kertész l'ha fatto prima. »
(Henri Cartier-Bresson)
"Fotografo il quotidiano della vita, quello che poteva sembrar banale prima di avergli donato nuova vita, grazie ad uno sguardo nuovo. Amo scattare quel che merita di essere fotografato, il mondo quindi, anche nei suoi squarci di umile monotonia. Sono nato chiuso, ma un chiuso aperto alla strada, ed ho cercato la felicità nel silenzio di un istante. Batteva intanto il cuore al tempo di un click. Ho cercato gli occhi innocenti, di cui ogni sguardo sembra il primo, le menzogne dietro la superbia ed i sorrisi fatui, fantasmi seduti al sole su delle vecchie sedie. Senza trucchi ho cercato di vedere, ho cercato di capire. Ho cercato di vedere, e quando ho capito, ho lasciato gli occhiali su un tavolo insieme alla pipa". (M.Thompson Nati, Around, 2015. Around André Kertész).
Da Wikipedia

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