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WHY IT DOES NOT HAVE TO BE IN FOCUS - La fotografia moderna spiegata da Jackie Higgins

Mentre mi recavo alla The Photographers' Gallery di Londra riflettevo sulla fotografia, su questo amaro in bocca che ho sempre quando penso alla fotografia e all'Italia...

Sono conscia che di grandi fotografi ce ne siano anche qua da noi, conscia delle ricerche che grandi talenti italiani sviluppano in fucine, offuscate da una sottocultura pseudo artistica, dell'esistenza delle lotte di tanti per diffondere cultura fotografica, ma purtroppo la mia disistima nei confronti del livello culturale visivo del nostro paese aumenta ogni volta che mi confronto con altre realtà estere.
Il rispetto per il lavoro di artista, la correttezza di relazione, il livello di cultura fotografica degli interlocutori esteri creano un gap così enorme che difficilmente mi riprendo prima dei 20 giorni dopo ogni mio rientro.

Siamo una nazione che denigra e sminuisce il valore e il talento, che diffida della dimensione artistica... e allora?

Riflettevo sul perché, andando alla Gallery, riflettevo sul come, sul quando si è perso il contatto con qualcosa di grande e potente che era la cultura fotografica italiana, quando si è smesso di ricercare, quando si è smesso di ragionare sui valori artistici spostandoci sui valori del successo e della visibilità...

Alla fine del mio tour alla Gallery, dove su 4 piani ho incrociato ricerche che andavano dalla testimonianza di crimini di guerra  nazisti, alle testimonianze di guerra attuale, alla fotografia di scene del crimine (con uno strumento americano inventato per fotografarle) il tutto contenuto in una grande riflessione sulla verità in fotografia, una vasta proposta sulla fotografia documentaristica, passando dai condannati a morte del governo Staliniano a una raccolta di mappe aeree sia militari che geografico-scientifiche, a uno spunto/provocazione sull'immagine della Sindone per finire poi su una analisi della decomposizione fisica... alla fine, dicevo, sono finita al piano della vendita delle fotografie e del book shop.
Ci vorrebbero altri post, che non è detto che non verranno scritti, per spiegare il tutto: dal numero enorme di bellissime riviste, anche auto prodotte, alla vendita di stampe di lavori molto particolari.
Sta di fatto che tra gli scaffali dei libri ho incrociato il libro di Jackie Higgins, un librettino che mi ha fatto pensare all'Italia, alla marea di club fotografici che continuano a auto celebrarsi con le fotografie di un'ape macro e di un panorama con l'orizzonte in bolla, e non mi si fraintenda, ognuno giustamente è libero di fare ciò che vuole, ciò che non capirò mai è perchè erigersi a giudici di una disciplina senza conoscerla al 100% negando la sua evoluzione, rapportandola solo al proprio metro, rifiutando la ricerca e la sperimentazione, via lo sappiamo, a noi Italiani tutto ciò che non conosciamo non piace, tutto ciò che ci illumina sulla nostra ignoranza viene tacciato di "facilità", di "follia", di "artisticità"...

E forse per la mia mania "divulgativa" per la mia eterna lotta a favore di "un'arte per tutti", non riesco a accettare la snobberia dei circuiti artistici, o meglio, so che nei "circuiti giusti" si parla di fotografia, di quella ricerca che tanto ambisco, che nelle nicchie la cultura fotografica c'è, ma non riesco ad accettarlo nell'epoca del web 3.0, quando non ha più senso classificare, e quando tutti hanno diritto di parola.

E' stato incrociando questo libro e ricordandomi una prefazione di Umberto Eco a una raccolta di scritti di Woody Allen che mi è venuta una idea: Umberto Eco racconta che quando vide i primi lavori di Allen e lesse le prime cose di lui sentì subito che in Italia c'era una parte di affamati di cultura che aveva bisogno di conoscerlo e cominciò a "importarlo". All'epoca non c'era internet, non c'era la facilità di scambio come oggi giorno, la cultura era ancora alla mercé di pochi, le classi operaie combattevano per il diritto allo studio, oggi la realtà è che potremmo avere tutta la cultura che vogliamo, non ci sarebbe neppure bisogno e io comunque non sono Umberto Eco, faccio la fotografa, e non sono famosa per i miei scritti, ma un clic è scattato e il titolo del libro "Perché non deve essere a fuoco", tradotto letteralmente, mi ha servito su un vassoio di argento una azione che mi dà la possibilità di uscire dalla misera e statica, inutile constatazione lagnante: proporre a chi ricerca qualche altra cosa, qualcuno che iniziando sente che la fotografia è molto più di ciò che fino ad oggi ha incontrato, qualcosa che dia degli input per capire che ci sono tante molte altre cose.

Nei vari corsi, incontri, dibattiti che ho tenuto ho incontrato molti di quelli a cui farà bene leggere questo libro e ragionare su di esso, tanti che erano (e sono) ingabbiati dentro regole castranti e paralizzanti, che limitano la loro espressione e il loro talento.

Così ho deciso di  prendere spunto dalla Higgins e raccontare un po di fotografia contemporanea sulle sue riflessioni, come fanno nelle grandi scuole, come fanno in tanti, si ma più saremo e meglio sarà. In fondo questo blog era nato per questo. In fondo la mia scuola ha la velleità di definirsi propedeutica alle grandi scuole.

Parto oggi e come oramai tutti sanno, la mia vita non ha ne ritmo, ne tempo per mantenere fede a questo mio proposito, ma mi son detta comunque, se leggete qui, incontrerete il libro che di spunti ne da davvero molti e poi non è detto che il tempo non lo trovi visto che il libro (ad ora solo in Inglese) è davvero una piccola preziosa chicca, e dentro cita, anche, due (solo due) italiani, e mi entusiasma perchè apre un sentiero che porta avanti, da una mini mappa per muoversi in tutto ciò che c'è.

Forza dunque per tutti gli appassionati di Fotografia e di Fotografia (non mi  va di ritirare fuori ancora termini come artistica o contemporanea) ecco tanti input e tanti stimoli.
Buona lettura e alla prossima!


http://www.amazon.co.uk/Why-Does-Not-Have-Focus/dp/0500290954






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